giovedì 17 maggio 2012

KERS, DRS e Pirelli: caratteristiche della F1 moderna


Dalle colonne del prestigioso settimanale Autosprint, nell'editoriale di apertura del numero 20, il direttore Alberto Sabbatini ha posto nel una domanda alla quale gli appassionati della Formula 1 non riescono a dare una precisa risposta sin dalle prime gare dello scorso anno: ``F.Gomme o F.Noia?''.

Tutte ebbe inizio all'alba del campionato 2011, quando ci fu la reintroduzione del KERS, la novità dell'ala mobile posteriore e il ritorno delle gomme Pirelli. Bisogna dire che il sistema di recupero di energia era stato introdotto come la nuova frontiera della tecnologia nel 2009, ma fu anticipatamente bocciato a causa degli altissimi costi di sviluppo e della poca incidenza sulle prestazioni delle vetture. Infatti quel campionato fu vinto dalla Honda ribattezzata Brawn GP che tale dispositivo non lo montava. Se un merito il KERS lo ha avuto, è stato quello ribaltare completamente i valori in campo, con l'ascesa della Red Bull a scuderia di riferimento e gli intoppi di McLaren e Ferrari, rimaste indietro con lo sviluppo delle nuove vetture dall'aerodinamica modificata da regolamento a causa della progettazione e messa a punto del nuovo congegno elettronico. Su quest'ultimo aspetto, bisogna dire che anche il divieto di prove private durante la stagione abbia avuto il suo peso, in quanto non ha consentito a queste squadre di recuperare come di consueto durante il campionato dovendo provare le novità tecniche direttamente durante i GP. Finita questa dilatata premessa, a causa di un regolamento restrittivo che limita l'energia immagazzinata e il tempo massimo di utilizzo per giro, il KERS non ha modificato sostanzialmente la competitività delle vetture, quindi non ha causato alcuna conseguenza dal punto di vista sportivo. Chi lo ama, dice che sia una rivisitazione moderna del vecchio overboost anni '80 dei motori turbo, chi lo odia lo considera uno stupido pulsante su una F1 che sembra sempre di più un videogioco. Agli uni e agli altri diciamo che l'utilizzo non è libero e in fin dei conti non compromette l'affidabilità del motore (mentre l'overboost usato per pochi secondi rischiava di fondere i motori come successo a Patrick Tambay con la Ferrari a Zeltweg nel 1983 nel difficile doppiaggio della Ligier di Jean Pierre Jarier) e che i pulsanti sul cruscotto ormai non sono una novità da oltre vent'anni.


Per quanto concerne l'ala posteriore mobile, al di là che fosse già stata utilizzata tra i GP di Monaco del 1968 e 1969 prima di essere vietata, le regole per il suo impiego hanno fatto discutere sin dall'inizio. Per i puristi dello sport, sarebbe un particolare interessante se potesse essere usato da chiunque in qualunque parte del circuito, come effettivamente avviene in prova, ma in quel caso tutti i piloti lo utilizzerebbero in rettilineo e di conseguenza non agevolerebbe i sorpassi. Il fatto che possa essere utilizzato solo dal pilota che segue un altro a meno di un secondo di distacco  in una porzione del rettilineo più lungo del circuito (a volte anche due rettifili) e perdippiù solo dopo la conclusione del secondo giro, fa storcere il naso ai puristi. Su questo non si può discutere: di fatto, quando un pilota aziona il DSR, si trova in una condizione regolamentare diversa e favorevole rispetto il pilota che lo precede. Però, il pilota che segue deve fare i conti con il flusso d'aria disturbato della vettura che precede e che gli fa perdere tempo in curva. Di conseguenza, chi è a favore di questo dispositivo sostiene che l'ala mobile sia un surrogato del vecchio effetto scia, che consentiva al pilota che seguiva di acquistare maggiore velocità di chi lo precedeva. A causa delle vetture concepite principalmente sull'aerodinamica, questo effetto scia è stato sempre meno benefico in confronto con il disturbo del flusso d'aria, che ha poi causato il drastico calo dei sorpassi sin dagli anni '90. Con l'ala mobile si è cercato di ritornare al passato, evitando di vedere gare come i GP di San Marino del 2005 e 2006, quando a parti invertite Fernando Alonso su Renault e Michael Schumacher su Ferrari non sono riusciti a superarsi per la testa della gara pur se erano di due secondi più veloci del rivale (Alonso vinse il primo duello sul veloce Schumacher, che si vendicò l'anno dopo beffando lo spagnolo nonostante la sua maggiore competitività).


Passiamo ora ad analizzare la terza e ultima questione, nonchè quella fondamentale: le gomme. Innanzitutto bisogna chiarire che la Pirelli non ha alcuna responsabilità sulla qualità delle coperture, poichè è stata la FIA (o meglio la FOM) a chierdele di introdurre pneumatici che si degradassero in pochi giri. Infatti, il costruttore italiano fornisce il campionato Superbike fornendo delle gomme resistenti e ultracompetitive, al punto che le derivate dalla serie riescono a girare su tempi molto vicini a quelli dei prototipi della motoGP. Nonostante il KERS e il DRS, i sorpassi non sono comunque così facili. Più che altro, se le gomme durassero un intera corsa senza degradarsi, non ci sarebbero tropple situazioni in cui una vettura è più veloce dell'altra e quindi ``bye bye sorpassi''. Non c'è dubbio che i numeri record di scambi di posizione del 2011 siano dovuti a quei frangenti di gara in cui piloti con gomme nuove si sono trovati davanti altri con pneumatici alla frutta. Chi non condivide questa scelta per vedere un po' di azione in gara, sostiene a ragione che non c'è nulla di spettacolare nel vedere un pilota con gomme fresche superare da fermo uno che gira sulle tele. Questa tesi è inconfutabile, ma chi è dalla parte delle gomme ``usa e getta'' crede che sia meglio vedere qualche sorpasso ``fittizio'', che magari può causare errori, rallentamenti e malintesi, piuttosto che sorbirsi una passerella soporifera di monoposto ad alta velocità per novanta minuti.

Andando indietro nel tempo e riguardando vecchie gare divertenti e spettacolari degli anni '80, ci si accorge che spesso, l'incertezza del risultato derivava proprio dal consumo anomalo dei pneumatici. Di sicuro aiutavano circuiti cittadini improvvisati e senza aderenza come Las Vegas, Detroit, Long Beach e Adelaide o gare sotto un caldo torrido come a Rio o Città del Messico, oppure entrambe le cose insieme come nel famoso Gran Premio di Dallas del 1984. Comunque erano anni nei quali le capacità di simulazione da parte di costruttori di gomme, che al tempo erano tanti (Goodyear, Michelin, Pirelli e Avon), non erano così precise come quelle attuali, con il risultato che spesso, pur portando in pista il miglior materiale a disposizione, le gomme si sfaldavano dopo pochi giri. Di esempi ne abbiamo tanti: succedeva quasi sempre nell'apertura stagionale a Jaracarepaguà, successe nel 1983 a Long Beach con l'incredibile rimonta delle McLaren di Niki Lauda e John Watson (ventiduesimo e ventitreesimo alla partenza, primo e secondo sul traguardo), nel 1986 in Messico con le Goodyear (infatti vinse Gerhard Berger con la Benetton su Pirelli) e sempre nello stesso anno nella conclusione del campionato in Australia, dove fu proprio una gomma esplosa a togliere il titolo a Nigel Mansell su Williams e consegnarlo ad Alain Prost su McLaren. Ad essere pignoli e ``bibliografici'', anche il famoso successo di Tazio Nuvolari su ALFA Romeo al Nurburgring nel 1935 contro le potenti Mercedes Benz e Auto Union, fu dovuto ad una debacle di gomme dei costruttori tedeschi, più che alla classe (comunque indiscussa) del ``mantovano volante''.


A questo punto bisogna tirare le somme e giungere alle conclusioni sui nuovi regolamenti della Formula 1 moderna. Senza KERS e DRS sarebbe più difficile vedere sorpassi tra piloti anche quando le differenze sui tempi sul giro sono sensibili. Se ci fossero ancora le vecchie gomme Bridgestone, che non si degradavano nemmeno dopo oltre metà corsa, la vettura più veloce sarebbe sempre in testa indisturbata e vincerebbe senza patemi. Al pubblico non resterebbe altro che sperare nella pioggia per divertirsi. Per quanto discusse, le nuove gomme Pirelli introducono la variabile del degrado, che varia da circuito a circuito e da monoposto a monoposto. Nel recente passato, abbiamo visto outsider vincere come Olivier Panis con la Ligier (Monaco 1996), Johnny Herbert con la Stewart (Nurburgring 1999), Giancarlo Fisichella con la Jordan (Interlagos 2003) e Jenson Button con la Honda (Budapest 2006), ma sempre in condizioni di gara bagnata. Vedere una prestazione esaltante da parte di una monoposto non di primo piano come quella di Pastor Maldonado sulla Williams attuale è qualcosa di eccezionale.  Considerato il potenziale della vettura inferiore a quello di Red Bull, McLaren, Mercedes, Lotus, Ferrari e forse Sauber, per vedere un analogo trionfo così netto sull'asciutto bisogna andare indietro nel tempo oltre il successo di Heinz Harald Frentzen con la Jordan a Monza 1999 (propiziato dall'erroraccio di Mika Hakkinen con la McLaren) e quello suddetto di Berger in Messico nel 1986. Una vittoria così a sorpresa non la si vede sin dal 5 Giugno 1983, quando la modesta Tyrrell di Michele Alboreto si fece beffa delle varie Ferrari, Renault e Brabham, trionfando sulle stradine della ``motor city''. Sono passati quasi trent'anni e i nostalgici possono finalmente smettere di rimpiangere il passato per godersi il presente. E il merito è delle gomme.


Nessun commento: