martedì 22 maggio 2012

NASCAR: il fascino dei format alternativi



Lo Sprint Showdown e lo Sprint All Star Challenge di sabato scorso, sono una bella opportunità per vedere i bolidi della NASCAR sfidarsi solo per la glora (e i soldi) della vittoria, lasciando da parte le logiche di classifiche e l'importanza dei piazzamenti. Si tratta di gare brevi suddivise in ancor più brevi batterie  dove vengono dimenticate le tattiche a lungo termine necessarie nelle gare di campionato della Sprint Cup, dove i singoli eventi vanno avani per oltre tre ore. I brevi spezzoni di gara di 20 giri ciascuno, ci hanno consentito di vedere duelli senza fiato, nei quali i piloti sapevano perfettente di non avere altre chance di ottenere il loro obiettivo. Infatti è stata da urlo la rimonta di A.J.Allmendinger, da ultimo a secondo in solo 40 giri dello Showdown. E che dire delle battaglie per la prima posizione nelle prime quattro batterie del Challenge, dove ogni pilota sapeva di dover ottenere il successo parziale in modo tale da avere poi una concreta possibilità di vincere la battaglia finale.

Abbiamo visto tattiche molto diverse tra i piloti: i vincitori di manche cambiavano gomme, rifornivano e rimanevano in attesa a distanza dei primi per evitare guai, mentre il resto dei piloti sportellava per la prima posizione. In occasione del pit stop obbligatorio, c'è stato chi ha dovuto cambiare le quattro gomme, chi ne cambiate solo due e chi invece si è appena fermato per ripartire di corsa in modo tale da perdere il minor tempo possibile. Alla fine della giostra, Jimmie Johnson ha vinto senza troppe difficoltà, visto che si tratta di uno dei suoi circuiti preferiti, e forse vincerà ancora in occasione della Coca Cola 600 di domenica prossima, ma lo spettacolo è stato diverso dal solito. Forse si poteva applicare quella regola di alcuni anni fa, dove i peggiori due o tre piloti di ogni manche venivano eliminati e non prendevano il via in quella successiva. In quel caso, i vincitori delle singole batterie avrebbero dovuto comunque darsi da fare e ci sarebbe stata lotta anche nelle ultime posizioni.

Se questa gara-esibizione sembra lontana dalle abituali gare della NASCAR, bisogna ricordare che fino al 1971, molte delle corse del campionato si tenevano su una distanza di 100 miglia (160 chilometri) e si concludevano nel giro di un'ora. Addirittura ci sono state gare di 80 e 100 chilometri sui quei cortissimi short track di un terzo e un quarto di miglio, come a Moyock, Chattanooga, Huntsville e il vecchio di Richmond. Ed è proprio su queste piccole piste (al tempo sterrate) dove nacquero le competizioni stock-car alla fine degli anni '40. Verrebbe da chiedersi una cosa: se l'All-Star Challenge è così divertente con questo formato così particolare, perchè non stravolgere il formato di qualche gara durante l'anno? Magari con tanto di due batterie di qualificazione, repechage, prefinale e finale come accadeva nel 1948 nella prima stagione della NASCAR, quando si teneva la sola serie Modified. Oppure con due manche e classifica finale per somma di punti come avvenne in quella stranissima Rebel 300 di Darlington del 1963 nella quale in una delle manche le vetture partirono addirittura da fermo! Qualsiasi format diverso dal solito, purchè non se ne faccia abuso come con le gare in notturna, potrebbe andare bene...soprattutto se in occasione delle "solite" gare da 400 miglia sui triovali di 1.5 miglia.

giovedì 17 maggio 2012

KERS, DRS e Pirelli: caratteristiche della F1 moderna


Dalle colonne del prestigioso settimanale Autosprint, nell'editoriale di apertura del numero 20, il direttore Alberto Sabbatini ha posto nel una domanda alla quale gli appassionati della Formula 1 non riescono a dare una precisa risposta sin dalle prime gare dello scorso anno: ``F.Gomme o F.Noia?''.

Tutte ebbe inizio all'alba del campionato 2011, quando ci fu la reintroduzione del KERS, la novità dell'ala mobile posteriore e il ritorno delle gomme Pirelli. Bisogna dire che il sistema di recupero di energia era stato introdotto come la nuova frontiera della tecnologia nel 2009, ma fu anticipatamente bocciato a causa degli altissimi costi di sviluppo e della poca incidenza sulle prestazioni delle vetture. Infatti quel campionato fu vinto dalla Honda ribattezzata Brawn GP che tale dispositivo non lo montava. Se un merito il KERS lo ha avuto, è stato quello ribaltare completamente i valori in campo, con l'ascesa della Red Bull a scuderia di riferimento e gli intoppi di McLaren e Ferrari, rimaste indietro con lo sviluppo delle nuove vetture dall'aerodinamica modificata da regolamento a causa della progettazione e messa a punto del nuovo congegno elettronico. Su quest'ultimo aspetto, bisogna dire che anche il divieto di prove private durante la stagione abbia avuto il suo peso, in quanto non ha consentito a queste squadre di recuperare come di consueto durante il campionato dovendo provare le novità tecniche direttamente durante i GP. Finita questa dilatata premessa, a causa di un regolamento restrittivo che limita l'energia immagazzinata e il tempo massimo di utilizzo per giro, il KERS non ha modificato sostanzialmente la competitività delle vetture, quindi non ha causato alcuna conseguenza dal punto di vista sportivo. Chi lo ama, dice che sia una rivisitazione moderna del vecchio overboost anni '80 dei motori turbo, chi lo odia lo considera uno stupido pulsante su una F1 che sembra sempre di più un videogioco. Agli uni e agli altri diciamo che l'utilizzo non è libero e in fin dei conti non compromette l'affidabilità del motore (mentre l'overboost usato per pochi secondi rischiava di fondere i motori come successo a Patrick Tambay con la Ferrari a Zeltweg nel 1983 nel difficile doppiaggio della Ligier di Jean Pierre Jarier) e che i pulsanti sul cruscotto ormai non sono una novità da oltre vent'anni.


Per quanto concerne l'ala posteriore mobile, al di là che fosse già stata utilizzata tra i GP di Monaco del 1968 e 1969 prima di essere vietata, le regole per il suo impiego hanno fatto discutere sin dall'inizio. Per i puristi dello sport, sarebbe un particolare interessante se potesse essere usato da chiunque in qualunque parte del circuito, come effettivamente avviene in prova, ma in quel caso tutti i piloti lo utilizzerebbero in rettilineo e di conseguenza non agevolerebbe i sorpassi. Il fatto che possa essere utilizzato solo dal pilota che segue un altro a meno di un secondo di distacco  in una porzione del rettilineo più lungo del circuito (a volte anche due rettifili) e perdippiù solo dopo la conclusione del secondo giro, fa storcere il naso ai puristi. Su questo non si può discutere: di fatto, quando un pilota aziona il DSR, si trova in una condizione regolamentare diversa e favorevole rispetto il pilota che lo precede. Però, il pilota che segue deve fare i conti con il flusso d'aria disturbato della vettura che precede e che gli fa perdere tempo in curva. Di conseguenza, chi è a favore di questo dispositivo sostiene che l'ala mobile sia un surrogato del vecchio effetto scia, che consentiva al pilota che seguiva di acquistare maggiore velocità di chi lo precedeva. A causa delle vetture concepite principalmente sull'aerodinamica, questo effetto scia è stato sempre meno benefico in confronto con il disturbo del flusso d'aria, che ha poi causato il drastico calo dei sorpassi sin dagli anni '90. Con l'ala mobile si è cercato di ritornare al passato, evitando di vedere gare come i GP di San Marino del 2005 e 2006, quando a parti invertite Fernando Alonso su Renault e Michael Schumacher su Ferrari non sono riusciti a superarsi per la testa della gara pur se erano di due secondi più veloci del rivale (Alonso vinse il primo duello sul veloce Schumacher, che si vendicò l'anno dopo beffando lo spagnolo nonostante la sua maggiore competitività).


Passiamo ora ad analizzare la terza e ultima questione, nonchè quella fondamentale: le gomme. Innanzitutto bisogna chiarire che la Pirelli non ha alcuna responsabilità sulla qualità delle coperture, poichè è stata la FIA (o meglio la FOM) a chierdele di introdurre pneumatici che si degradassero in pochi giri. Infatti, il costruttore italiano fornisce il campionato Superbike fornendo delle gomme resistenti e ultracompetitive, al punto che le derivate dalla serie riescono a girare su tempi molto vicini a quelli dei prototipi della motoGP. Nonostante il KERS e il DRS, i sorpassi non sono comunque così facili. Più che altro, se le gomme durassero un intera corsa senza degradarsi, non ci sarebbero tropple situazioni in cui una vettura è più veloce dell'altra e quindi ``bye bye sorpassi''. Non c'è dubbio che i numeri record di scambi di posizione del 2011 siano dovuti a quei frangenti di gara in cui piloti con gomme nuove si sono trovati davanti altri con pneumatici alla frutta. Chi non condivide questa scelta per vedere un po' di azione in gara, sostiene a ragione che non c'è nulla di spettacolare nel vedere un pilota con gomme fresche superare da fermo uno che gira sulle tele. Questa tesi è inconfutabile, ma chi è dalla parte delle gomme ``usa e getta'' crede che sia meglio vedere qualche sorpasso ``fittizio'', che magari può causare errori, rallentamenti e malintesi, piuttosto che sorbirsi una passerella soporifera di monoposto ad alta velocità per novanta minuti.

Andando indietro nel tempo e riguardando vecchie gare divertenti e spettacolari degli anni '80, ci si accorge che spesso, l'incertezza del risultato derivava proprio dal consumo anomalo dei pneumatici. Di sicuro aiutavano circuiti cittadini improvvisati e senza aderenza come Las Vegas, Detroit, Long Beach e Adelaide o gare sotto un caldo torrido come a Rio o Città del Messico, oppure entrambe le cose insieme come nel famoso Gran Premio di Dallas del 1984. Comunque erano anni nei quali le capacità di simulazione da parte di costruttori di gomme, che al tempo erano tanti (Goodyear, Michelin, Pirelli e Avon), non erano così precise come quelle attuali, con il risultato che spesso, pur portando in pista il miglior materiale a disposizione, le gomme si sfaldavano dopo pochi giri. Di esempi ne abbiamo tanti: succedeva quasi sempre nell'apertura stagionale a Jaracarepaguà, successe nel 1983 a Long Beach con l'incredibile rimonta delle McLaren di Niki Lauda e John Watson (ventiduesimo e ventitreesimo alla partenza, primo e secondo sul traguardo), nel 1986 in Messico con le Goodyear (infatti vinse Gerhard Berger con la Benetton su Pirelli) e sempre nello stesso anno nella conclusione del campionato in Australia, dove fu proprio una gomma esplosa a togliere il titolo a Nigel Mansell su Williams e consegnarlo ad Alain Prost su McLaren. Ad essere pignoli e ``bibliografici'', anche il famoso successo di Tazio Nuvolari su ALFA Romeo al Nurburgring nel 1935 contro le potenti Mercedes Benz e Auto Union, fu dovuto ad una debacle di gomme dei costruttori tedeschi, più che alla classe (comunque indiscussa) del ``mantovano volante''.


A questo punto bisogna tirare le somme e giungere alle conclusioni sui nuovi regolamenti della Formula 1 moderna. Senza KERS e DRS sarebbe più difficile vedere sorpassi tra piloti anche quando le differenze sui tempi sul giro sono sensibili. Se ci fossero ancora le vecchie gomme Bridgestone, che non si degradavano nemmeno dopo oltre metà corsa, la vettura più veloce sarebbe sempre in testa indisturbata e vincerebbe senza patemi. Al pubblico non resterebbe altro che sperare nella pioggia per divertirsi. Per quanto discusse, le nuove gomme Pirelli introducono la variabile del degrado, che varia da circuito a circuito e da monoposto a monoposto. Nel recente passato, abbiamo visto outsider vincere come Olivier Panis con la Ligier (Monaco 1996), Johnny Herbert con la Stewart (Nurburgring 1999), Giancarlo Fisichella con la Jordan (Interlagos 2003) e Jenson Button con la Honda (Budapest 2006), ma sempre in condizioni di gara bagnata. Vedere una prestazione esaltante da parte di una monoposto non di primo piano come quella di Pastor Maldonado sulla Williams attuale è qualcosa di eccezionale.  Considerato il potenziale della vettura inferiore a quello di Red Bull, McLaren, Mercedes, Lotus, Ferrari e forse Sauber, per vedere un analogo trionfo così netto sull'asciutto bisogna andare indietro nel tempo oltre il successo di Heinz Harald Frentzen con la Jordan a Monza 1999 (propiziato dall'erroraccio di Mika Hakkinen con la McLaren) e quello suddetto di Berger in Messico nel 1986. Una vittoria così a sorpresa non la si vede sin dal 5 Giugno 1983, quando la modesta Tyrrell di Michele Alboreto si fece beffa delle varie Ferrari, Renault e Brabham, trionfando sulle stradine della ``motor city''. Sono passati quasi trent'anni e i nostalgici possono finalmente smettere di rimpiangere il passato per godersi il presente. E il merito è delle gomme.


martedì 8 maggio 2012

NASCAR: Le lezioni di Talladega



La spettacolare gara di Talladega di domenica scorsa è stata senza dubbio la migliore corsa della stagione. Dopo settimane in cui si è parlato della mancanza di spunti di interesse dei singoli eventi e della latitanza dell'agguerrita lotta per la testa della gara che contraddistingue da sempre le gare NASCAR, la Aaron's 499 ha offerto al pubblico ciò che voleva. Poche interruzioni con la pace car (quasi tutte verso fine gara, quando i piloti non si fanno più sconti tra di loro) e tanta l'incertezza per il risultato finale. Quindi si possono trarre le seguenti conclusioni sul nuovo regolamento che riguarda le gare con strozzature a Daytona e Talladega:

1) anche se il numero di sorpassi per la testa della corsa è più che dimezzato rispetto a quelli record delle gare in tandem dello scorso anno, la corsa è stata più bella in quanto la vicinanza tra i rivali ha aumentato l'incertezza sul risultato finale.

2) i sorpassi sono stati veramente sudati e studiati, decisamente tecnici rispetto a quelli del 2011, quando le coppie di vetture si superavano con differenze enormi di velocità.

3) nonostante le 43 vetture partenti abbiamo corso ruota a ruota su tre o quattro colonne, non c'è stato il tanto temuto incidente a catena. Questo dimostra che se i piloti stanno attenti, possono concludere la corsa senza incidenti. Quindi si potrebbe dire che in occasione della Daytona 500, vista l'importanza della gara, i piloti fanno appositamente delle stupidaggini pur di superare i rivali negli ultimi giri. Ciò è dimostrato dal fatto che è dal 2004 che quella gara non si conclude in modo "normale", cioè senza transformarsi in un demolition derby.

4) raggruppare le vetture facendo uscire la pace car non per forza aumenta lo spettacolo. Infatti, a differenza del resto delle gare del 2012, la parte più interessante della corsa sono stati quei 123 giri (su 188) disputati senza interruzioni. Invece le ripartenze non hanno fatto altro che creare situazioni di pericolo e che dare l'opportunità ad alcuni outsider di tentare delle manovre azzardate.

5) accorciare le gare come fatto anni fa con Dover, poco tempo fa con Fontana e da quest'anno con Pocono (tutte gare da 500 miglia ridotte a 400) non significa avere gare più combattute. Quando i piloti hanno la possibilità di battagliare, lo fanno dal primo all'ultimo giro, sia nelle esibizioni di 50 giri come nella Coca Cola 600 (600 miglia, 966 chilometri).

mercoledì 2 maggio 2012

NASCAR: Dura lex sed lex



La gara di Kansas City di dieci giorni fa è stata così avara di emozioni che non mi ha offerto neanche uno spunto di riflessione, se non il fatto che questa strana stagione della NASCAR continua a far vedere gare senza incidenti e con pochissime neutralizzazioni. Rispetto alle gare precedenti, sia a Kansas come a Richmond sei giorni dopo, quache bandiera gialla "inventata" causa di immaginari detriti in pista c'è stata. Pur se chiamata per rendere emozionanti i finali di gara, la pace car continua a far arrabbiare i tifosi che preferiscono gare soporifere a corse falsate dalla direzione gara.

Indipendentemente da questo, la scorsa gara di Richmond si è chiusa tra le polemiche, dopo che il dominatore Carl Edwards è stato penalizzato a causa di una ripartenza anticipata verso la fine della gara. E' vero che Tony Stewart ha fatto slittare troppo le gomme ed è ripartito male, evidenziando esageratamente la ripartenza di Edwads, ma quest'ultimo effettivamente ha aperto il gas prima dei segni che si trovano all'interno della pista e che indicano dove inizia la zona di ripartenza. A niente sono servite le lamentele della squadra e del capomacchina: il pilota della Ford numero 99 ha scontato un drive through e ha perso la gara dopo aver fatto ben 206 giri su 400 in testa.

Ad infiammare le polemiche, c'è stata un ulteriore polemica sulle reali posizioni dei leader al momento della bandiera gialla che ha preceduto la fatidica ripartenza. Che in testa ci fosse Edwards o Stewart non cambia le cose: la gara è stata interrotta a causa di un detrito (non inquadrato dalla TV) che probabilmente si trovava fuori traiettoria. In questo caso non sarebbe stato meglio aspettare che tutti i piloti rifornissero per neutralizzare la corsa una volta che le posizioni fossero certe, come d'altronde è stato fatto altre volte. A complicare il tutto, ci si mettono le ripartenze su due colonne, che rendono fondamentali le ripartenze brucianti. Se ci fossero le vecchie ripartenze con i leader sulla sinistra e i doppiati a destra, ci sarebbero meno polemiche di questo tipo. Ciò non toglie che Edwards è ripartito prima del dovuto ed è stato giustamente penalizzato.

Peccato che la stessa inflessibilità mostrata dai commissari in occasione delle ripartenze e dei pit stop, non venga applicata in sede di verifica tecnica. Quando un pilota vince una gara a bordo di una vettura irregolare, la NASCAR penalizza il pilota e il team in campionato ed applica salatissime multe, ma la vittoria in sè non viene tolta. L'ultima volta in cui un pilota ha vinto ed è stato penalizzato è stata a Talladega, nel 2008, quando Regan Smith passò per primo davanti a Stewart superandolo sotto la linea gialla. Smith venne classificato ultimo tra i piloti a pieni giri e Stewart vinse. Per trovare un caso simile, bisogna andare indietro fino al 1991, quando Ricky Rudd venne classificato secondo nonostante avesse vinto poichè aveva mandato in testacoda Davey Allison, dichiarato poi vincitore. Se parliamo di squalifiche strettamente tecniche e non sportive, ci si perde nei ricordi fino al 1973, quando a Talladega venne squalificato Charlie Glotzbach a causa di una strozzatura del motore non conforme. L'anno dopo ad Ontario, vennero trovate delle valvole irregolari sul motore del vincitore Bobby Allison, ma la NASCAR si limitò a multare la squadra, riconoscendo la vittoria e i punti ottenuti dal pilota. Da quella volta in poi, ogni volta che la vettura del vincitore è risultata irregolare, la vittoria non è mai stata tolta, anche se sono state applicate multe salate e penalizzazioni in punti che addirittura fecero perdere un campionato a Mark Martin nel 1990.

"Dura lex, sed lex" dice il proverbio, ma nella NASCAR vale solo (e non sempre) per gli aspetti sportivi, un po' meno per quelli tecnici.