giovedì 23 agosto 2012

NASCAR: una storia di incidenti bizzarri


Chi nutre una profonda ammirazione, forse viziata da motivi nostalgici, per quella generazione unica di piloti che hanno animato la NASCAR tra la fine degli anni '70 e i primi anni 2000, non può che gioire per l'ottima gara fatta da Mark Martin a Brooklyn. A dispetto dell'età, il quasi cinquantatrenne pilota dell'Arkansas è partito indisturbato dalla pole position e ha dominato il primo terzo di gara, prima di rimanere vittima di un bizzarro incidente causato da Bobby Labonte. Il campione del 2000 è finito semplicemente in testacoda, ma il brusco ralletamento da parte di Juan Pablo Montoya che lo seguiva, ha causato una toccata tra Martin, primo, e Kasey Kahne, secondo, con i due finiti in testacoda. Se il pilota della Chevy numero 5 è riuscito a fermarsi sul prato, il veterano della Toyota numero 55 è finito con i freni bloccati nella corsia dei box. Martin ha leggermente urtato il muro che protegge i meccanici prima di finire di taglio contro lo stesso muro, proprio in una delle aperture che servono alle squadre per portare le vetture dalla pitlane ai garage e viceversa.

Come i guardrail che nel recente passato si sono infilati traficamente su delle auto da rally in alcune competizioni italiane, il terribile blocco di cemento è entrato nel passaeruota posteriore sinistro fino a tranciare l'albero cardanico di trasmissione. In poche parole, è arrivato alla linea di mezzeria dell'automobile. La terribile domanda che tutti si pongono è: se l'impatto fosse avvenuto circa un metro più avanti, cioè sul fianco del pilota?

E' una domanda alla quale è difficile rispondere. L'urto è stato tremendo (il blocco di cemento infatti si è spezzato) ma è pur vero che sulla sinistra dei piloti è presente una gabbia fitta di tubi di acciaio con una lastra protettrice di oltre un centimetro di spessore. Alla mente vengono due incidenti successi nella serie Nationwide nello stesso punto del circuito di Bristol (dove si corre il prossimo sabato). In entrambi i casi, piloti hanno sfondato il guardrail della curva 2, dove è presente il passaggio per raggiungere l'interno della pista, finendo di taglio contro il muro. Sia Michael Waltrip nel 1990 che Mike Harmon nel 2002 (in questo caso con l'aggiunta di un tamponamento successivo al primo impatto) se la sono cavata miracolosamente senza danni, ma chiunque osservi le immagini può solo che ringraziare qualche entità divina.

La questione delle due aperture di Bristol sono state a suo tempo sistemate, così come il problema degli angoli di impatto a Pocono (ricordiamo la vettura di Elliott Sadler senza motore nel 2010), dove è stata aggiunta una barriera più prossima alla pista. Analogamente, non vediamo più volare vetture fuori dai circuiti sin dagli anni '90, quando Ricky Craven finì al di là del muro. I meccanici ai box sono protetti sia dai loro caschi che dalle velocità contenute e il pubblico viene separato dalle vetture in corsa da reti ancora più alte, dopo il contatto tra Carl Edwards e Brad Keselowski a Talladega nel 2009. Quindi non resta che trovare una soluzione anche per questo strano incidente, magari inserendo queste entrate verso i garage soltanto da metà pitlane in poi.

Certo è che la NASCAR vede spesso degli incidenti bizzarri, come quella volta in cui Geoffrey Bodine finì contro una station wagon del pubblico a Daytona nel 1981 oppure come quella volta in cui Montoya fecè scoppiare un colossale incendio sulla stessa pista nel 2012.

martedì 14 agosto 2012

NASCAR: Un duello d'altri tempi a Watkins Glen



I forum che riguardano le competizioni automobilistiche si sono infiammati dopo l'avvincente duello a tre fra Kyle Busch, Brad Keselowski e Marcos Ambrose per la vittoria nella 355 chilometri di Watkins Glen. In quest'ordine si sono presentati alla prima curva dell'ultimo giro e l'ultimo dei tre l'ha spuntata all'ultima curva dello stesso, dopo una serie di toccate al limite (e oltre) del regolamento. A commentare i fatti, non ci sono stati i soliti assidui tifosi della categoria, ma anche diversi altri appassionati di motori che raramente rivolgono l'attenzione alle competizioni stock car. Esiste una netta linea di separazione tra i generici appassionati di motori e coloro che seguono le gare americane. Tale demarcazione, che nelle discussioni più accese diventa una vera e propria barricata, è determinata dall'utilizzo massiccio di tracciati ovali, giodicati poco selettivi dagli appassionati "europei". Se per una volta, tale barriera è sparita, è proprio perchè la corsa in questione si disputava su un tracciato stradale.

Tifosi "europei" e "americani" si sono uniti nel vedere le vetture della NASCAR sbandare ad ogni curva, intraversarsi ad ogni frenata e slittare ad ogni accelerazione. A forza di staccate fumanti con ruote bloccate, sportellate più o meno legali e traiettorie in piena via di fuga, la Sprint Cup si è guadagnata un piccolo spazio nelle cronache in cui non compare abitualmente. Poichè la curiosità è tanta, andiamo a spiegare agli "europei" il perchè di questo spettacolo.

Al giorno d'oggi, le stock car della NASCAR sono delle vetture di tipo "silhouette", cioè bolidi da corsa che somigliano (molto lontanamente) alle berline stradali in vendita dal concessionario. Poichè devono sopportare i terribili urti che possono capitare sugli ovali in cui si viaggia a 330 chilometri all'ora di velocità massima (vetta registrata quest'anno a Brooklyn), il telaio è costituito da un traliccio di tubi in acciaio di grosso spessore, rinforzato sulle fiancate da lastre piane sempre in acciaio. Per queste ragioni, le vetture sono sì resistenti, ma anche piuttosto pesanti e con un baricentro relativamente alto rispetto a quello delle principali vetture da competizioni mondiale. Ci troviamo con una vettura pronto corsa che pesa 1600 chilogrammi contro i soli 600 (pilota incluso) di una Formula 1. In poche parole, a parità di velocità l'inerzia in curva di una stock car è di due volte e due terzi rispetto a quella di una monoposto del circus. E' questo il motivo che rende queste "silhouette" così difficili da controllare nelle curve piatte dei tracciati stradali, mentre l'effetto viene quasi eliminato nelle curve sopraelevate degli ovali, a cui si aggiunge l'uso di un assetto pesanemente asimmetrico.

Se il telaio non aiuta a ottenere una vettura stabile, il motore peggiora ulteriormente le cose. I "piccoli" motori di 5800 centimetri cubi introdotti nel lontano 1970 (in sostituzione dei consueti motori da 7 litri) sono rimasti praticamente gli stessi da tale data (se escludiamo l'iniezione elettronica datata 2011), ma la potenza è arrivata a quasi 900 cavalli. La NASCAR Sprint Cup Series è la categoria che vanta attualmente i motori più potenti del mondo, mentre la Formula 1 è da anni (fine 2006) ferma a 750 cavalli. Questa potenza è brutale e molto difficile da gestire quando si corre sugli stradali. Sugli ovali il problema non si pone, perchè non ci sono ripartenze da bassissime velocità (escludendo Martinsville e Loudon), ma nelle curve lente del Glen e di Sonoma, mettono a dura prova la sensibilità sul piede destro dei piloti, che non hanno alcun dispositivo elettronico che possa dosare la potenza.

Se quelle elencate finora sono delle ragioni tecniche, esiste un motivo sportivo che ci consente di ammirare duelli come quelli di domenica. Le gare su stradale, sono delle corse in cui conta decisamente la posizione in pista. Poichè una fermata completa ai box non causa la perdita di un giro, rifornire prima dell'entrata della pace car risulta essere un vantaggio, perchè la vettura staffetta blocca i leader che non possono rifornire finchè la pit lane non è aperta, quindi chi si ferma dopo l'uscita delle bandiere gialle, perde la posizione rispetto a chi si è fermato prima (è la strategia utilizzata da Fernando Alonso quando vinse il polemico GP di Singapore del 2008). Questa fa sì che tutti i piloti rientrino per l'ultima volta ai box quando al traguardano manca l'esatto numero di giri percorribile con un pieno di benzina. Per questa ragione, nell'ultimo giro di Watkins Glen abbiamo visto Kyle Busch alle prese con la mancanza di combustibile, mentre Brad Keselowski e Marcos Ambrose se le davano di santa ragione con le gomme ormai sulle tele.

Duelli come quello di domenica, ci ricordano gli anni '60 e '70, quando le stock car avevano dei telai tutt'altro che rigidi e sbandavano di continuo anche sugli ovali. Così come spesso rimpiangiamo nostalgicamente i bei tempi del passato quando ci troviamo di fronte alle nuove regole contemporanee, figlie del logiche illogiche delle televisioni, questa volta esaltiamo nella NASCAR dei giorni nostri la pura essenza dei duelli in pista senza forzature e artifici di sorta. E la cosa potrebbe interessare anche chi non apprezza la NASCAR.