domenica 4 novembre 2007

Arrows A2, la monoposto del futuro

Come tutti gli appassionati di Formula 1 sanno, alla fine degli anni '70 le wing car stravolsero la maniera di progettare le monoposto della massima categoria. Era stato Colin Chapman ad introdurre l'effetto suolo con la Lotus 78 del 1977, poi impegnata nelle prime gare dell'anno successivo. Si trattava di disegnare una vettura con un profilo d'ala rovesciato in maniera di creare deportanza, creando un condotto divergente sotto la vettura sigillato dalleminigonne all'esterno. La Lotus 79 introdotta nel 1978 approfittó di questo concetto per esprimerlo ai suoi massimi livelli, vincendo entrambi i titoli della stagione.

Per il 1979 tutti gli ingegneri si ispirarono a questa monoposto e a loro modo hanno cercato di copiare l'idea della wing car, alcuni con successo come alla Ligier e alla Williams, altri meno come nel caso dell'Arrows e della stessa Lotus che cercando un'ulteriore sofisticazione del concetto perse la strada della competitivitá.

L'Arrows A2 aveva lo scopo di massimizzare la quantitá d'aria che entrava sotto la vettura. Per questo motivo la sezione frontale della vettura era molto ampia, penalizzando il coefficiente di penetrazione, e l'alettone anteriore spariva, sostituito da un appendice che copriva le sospensioni anteriore per canalizzare il flusso sotto di esse. Come nelle altre monoposto, le pance erano molto voluminose e occupavano tutto lo spazio compreso tra le ruote. L' altettone posteriore aveva poca incidenza come nelle vetture concorrenti (in alcune piste, certi team utilizzavano addirittura un ala posteiore portante per ridurre l'aderenza!), ma curiosamente aveva delle paratie laterali molto generose, diversi centimetri a sbalzo oltre l'asse posteriore, cosa che i regolamenti attuali non consentirebbero. Per avere un fondoscocca divergente, il pilota tornava a sedersi compromettendo sia il baricentro della vettura che la sezione frontale. La maggiore novitá riguardava la posizione del motore: per avere la massima espanzione del flusso sotto la vettura, il propulsore era stato montato sempre in posizione posteriore-centrale, compreso tra il serbatoio del combustibile e il cambio ma in posizione rialzata e con una leggera inclinazione (una decina di gradi) rispetto il piano di riferimento. Ecco il motore inclinato:


Il risultato fu quello di una monoposto tozza, piú simile ad un carroarmato che non ad una snella e veloce monoposto di Formula 1 ma sicuramente spiccava per la sua originalitá. Per quanto riguarda la sua competitivitá, i piloti Jochen Mass e Riccardo Patrese faticarono parecchio a portarsi a casa appena una manciata di punti. Il problema della monoposto era il punto di pressione cambiava continuamente in base alle asperitá della pista, rendendo la macchina inguidabile. Fu questa una preziosa lezione per i progettisti della F1, non basta solo un'enorme quantitá d'aria per creare deportanza ma bisogna trovare il modo di controllare questo flusso per rendere la monoposo stabile. Il 1979 fu una stagione di transizione per le wing car: la Lotus si era persa in sé stessa dopo aver insegnato agli altri il modo di progettare le vetture, Ensign, Brabham e Arrows faticavano ad imitare la Lotus 79, mentre la Williams ci riusciva alla perfezione ma solo verso la seconda metá della stagione. Per questo motivo la Ferrari vinse con un motore boxer a 12 cilindri che male si sposava con le vetture wing car, approfittando della mancata evoluzione della Ligier che nelle prime gare dominava e delle bizze del ancora sperimentale motore turbocompresso della Renault. Fu in qualche maniera l'ultimo mondiale "meccanico" della F1.

Nonostante la poca competitivitá, l'Arrows A2 segnó un cambio epocale per la Formula 1: la meccanica cedeva il suo spazio all'aerodinamica, che non era piú un semplice contributo all' aderenza, ma il principio fondamentale su cui costruire l'intera monoposto. Quel motore in alto che innalzava il baricentro e la sua posizione inclinata che non lo facevano lavorare in condizioni ottimali, quel pilota di nuovo seduto che ci riportava indietro di vent'anni, erano l'inizio dell'esasperazione progettuale che abbiamo oggigiorno, nel quale l'aerodinamico detta le dimensioni massime di motore, cambio, radiatori e delle varie prese d'aria, che obbliga i piloti a giudare in posizione da contorsionista e che riempie di alette, flap e alettoncini le monoposto come i brufoli sugli adolescenti.

lunedì 8 ottobre 2007

Sfigati si nasce, fortunati si diventa

Si dice che Jeff Gordon sia un gatto, maledettamente fortunato, poichè ogni volta che cade lo fa in piedi. Quante volte è rimasto attardato e poi è andato a vincere la gara? Quante volte ha vinto passando primo sul traguardo soltanto nell'ultimo giro? Tante, così tante da pensare che la fortuna se la vada a cercare. Quello che è successo ieri a Talladega è stato soltanto un altro trionfo, l'ottantesimo per la cronaca, di un pilota che non conosce nè la fortuna nè la sfiga: è semplicemente capace di ottenere il meglio in ogni situazione. In pista era ripartito dai box invadendo la piazzola di sosta successiva oltre i tre piedi (90 cm. circa) consentiti per evitare di colpire il compagno di squadra Jimmie Johnson che era già ripartito sulla pit lane. Jeff ha dovuto scontare un drive through mentre la gara ripartiva ma è riuscito a recuperare il terreno perso quando sono uscite le bandiere gialle.

Così "Wonderboy" ha dovuto solo fare quello che sa fare meglio: restare tra i primi e approfittare dell'occasione buona per vincere, cosa che ha fatto puntualmente a mezzo giro dalla fine quando ha "tradito" Johnson per spostarsi sulla destra e bloccare Tony Stewart arrivato come un caccia. Chi tifa il pilota della Chevrolet Impala #24 sostiene che sia il migliore, chi invece non lo tifa afferma che sia solo fortunato. Per quanto non sia il grande idolo delle folle, non è la fortuna che gli ha fatto vincere ottanta gare e quattro campionati in quindici anni. Se la sua carriera sarà lunga come quella di tanti altri grandi della NASCAR, Gordon potrebbe diventare il pilota più vincente di tutti i tempi. Intanto va per la quinta corona, Dale Earnhardt e Richard Petty sono a quota sette. Per le vittorie invece dovrà mantenere questi ritmi per tanti anni per raggiungere "The King": mancano "solo" 120 trionfi. Chissà che non succeda mai, proprio il giorno in cui Petty disse "Basta", un simpatico giovane dal baffetto ridicolo esordiva nella Winston Cup: che sia stato un passaggio di consegne?

lunedì 1 ottobre 2007

Forza Fe...ferra...?

La pioggia caduta ai piedi del monte sacro del Fuji sembra essersi portata via la Ferrari, una squadra che in Giappone è sembrata gravemente smarrita, al punto di non riuscire a fare ciò che nel recente passato veniva eseguito alla perfezione. Davvero un peccato perchè la gara giapponese poteva rappresentare l'occasione buona per aprire seriamente il campionato piloti senza dover gufare contro gli avversari. Per tentare il colpaccio, alla rossa hanno pensato di montare le coperture intermedio nonostante il diluvio appena caduto sull'asfalto. E' vero che la pioggia sembrava fermarsi prima della partenza e che i giri dietro la safety car avrebbero potuto asciugare un po' la pista ma la scommessa era meglio piazzarla con una sola vettura, in modo di non rischiare di uscire definitivamente dalla lotta per il titolo. Nel 2007 alla Ferrari hanno sbagliato tutti: i piloti che hanno informato male i tecnici durante i giri di formazione, convinti che le gomme rain potevano essere montate, i tecnici che non hanno avuto la minima esitazione a lasciare entrambi i piloti in balia alle bizze del tempo e anche gli uomini a Maranello che in varie occasioni (non in questo GP) non hanno fornito alla squadra del materiale sufficientemente affidabile.

Il primo anno del "dopo-Schumacher" (e anche del "dopo-Brawn") si conclude proprio in Giappone come lo scorso anno, quando fu quel maledetto motore a dire "No" all'ottavo titolo del Kaiser. Sono seguite diverse rotture, erroracci dei piloti (Massa ieri poteva evitare, se non di non girarsi dietro la safety car, almeno di non superare altri piloti con le bandiere gialle) e abbagli strategici. Scaramanticamente il Fuji non porta fortuna: titolo perso con Lauda e Regazzoni nel 1976, tragedia con Villeneuve nel 1977 e colpaccio mancato nel 2007.

Adesso molti parleranno della famosa comunicazione (mancata? non firmata?) della FIA di cui sapevano tutti, anche i giornalisti, tranne la Ferrari. La rossa è stata obbligata a far fermare i piloti per montare le gomme monsoon e non venire squalificata secondo il portavoce Colajanni, ma ab-origine restano due vetture su 22 che montano coperture inadatte ad una pioggia di tale intensità. Anche senza quella comunicazione, le due Ferrari sarebbero finite in fondo al gruppo. Non ha senso lamentarsi e questo lo dicono gli stessi ferraristi col cuore in gola.

Per la cronaca: la FIA ha fatto bene ad obbligare tutti a montare le gomme monsoon. Negli ultimi anni troppo spesso (Brasile 2003, Europa 2007) le squadre hanno utilizzato gomme intermedio nonostante il nubifragio con la perenne paura di avere le gomme meno competitive quando la pioggia diminuisce. In queste situazioni troppo spesso abbiamo visto vetture fuori controllo con enormi pericoli per i piloti ma soprattutto per i commissari a bordo pista che spingono le monoposto ferme. Purtroppo le regole vengono imposte quando non si riesce a regolarsi da soli.

martedì 21 agosto 2007

Martin Truex Jr. mi ha smentito!


Pensavo fosse un pallone gonfiato a qualcosa del genere. Credevo che quei titoli nella serie Busch non valessero più di tanto. Infatti negli ultimi anni abbiamo visto una serie di nuovi campioncini che nella NASCAR hanno esordito col botto. Truex Jr. invece ha fatto le cose piano piano costruendo una base solida sulla quale proseguirà la sua carriera. E' in questo modo che riesce a piazzarsi tra i primi cinque quando per tutto l'arco della gara lo vedi attorno alla decima posizione ed è così che sta mettendo nei guai il più blasonato compagno di squadra Dale Earnhardt Jr., che sta perdendo l'ooportunità di giocarsi il titolo fino alla fine della stagione. Non mi sorprenderebbe se tra qualche anno il giovane Martin si insedierà tra i top driver della categoria.


Ecco il Tuttologo del lunedì

Avete mai notato come diversi programmi televisivi che occupano ore e ore di programmazione riescono a parlare di eventi che sono durati relativamente poco? Pensate a come 90 minuti di una partita di calcio possano essere prima introdotte tra giovedì e sabato, poi raccontate minuto a minuto per tutta la domenica, quindi commentate tra lunedì e martedì? Molti dicono che queste trasmissioni, parlino di sport, politica o pettegolezzi, siano assolutamente inutili ma si sbagliano. Il diritto a dire cazzate ininterrottamente ce l'abbiamo tutti e io voglio aggiungermi alla massa di nullafacenti che parlano di tutto senza alcuna conoscenza specifica.

Ecco a voi, il Tuttologo del lunedì.